Sabato 24 ottobre ricorre la Giornata nazionale dell’AVO. È l’associazione che raduna i volontari degli ospedali, figure di supporto e conforto che animano le corsie per alleviare le giornate di ricovero.
Anche all’ospedale di Varese l’Avo è presente con le sue molteplici anime, gruppi spesso legati a doppio filo a un reparto, che hanno però un’unica missione.
Abituati a festeggiare la ricorrenza nazionale con un evento pubblico, quest’anno anche la sezione varesina di AVO si accontenta di ricordare la sua missione con un’iniziativa di sensibilizzazione e informazione.
I volontari, pur fuori dai reparti a causa dell’emergenza coronavirus, non si sono arresi e si sono messi a disposizione dell’azienda ospedaliera ricoprendo quei ruoli importanti, che non richiedono una competenza sanitaria specifica. Così, a giugno, sono stati incaricati di presidiare i punti di accesso degli ospedali per controllare la temperatura e la mascherina a chiunque dovesse entrare per una visita. Un compito importante a cui l’azienda prima faceva fronte con personale infermieristico : « L’aiuto di AVO è stato quindi prezioso perché ci ha permesso di liberare risorse e reinserirle nelle attività di reparto o degli ambulatori» commenta la Sette Laghi.
Sono 21 in tutto ( oltre a 3 volontari di Varese per l’oncologia e 1 di Andos) i “valorosi” che hanno raccolto la chiamata della Sette Laghi e si sono presentati. Lo hanno fatto finché l’azienda non ha optato per le guardie giurate che vigilano agli ingressi.
Tolto loro il compito del controllo, sono comunque rimasti in punti strategici del grande ospedale varesino per aiutare gli utenti a orientarsi tra i tanti padiglioni del Circolo: la complessità dell’ospedale spesso diventa un problema per chi arriva e avere un punto di informazione è diventato una risorsa. Sono presenti, con il proprio camice bianco, dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 16.
L’Avo di Varese raccoglie duecento volontari anche se i soci del direttivo sono 98. Fanno volontariato soprattutto in ospedale a Varese, a Luino e al Cittiglio ma anche in alcune RSA varesine: « La più giovane volontaria è a Luino e ha 19 anni – racconta Cristina Birago vice presidente di AVO Varese – poi c’è un giovane di 25 a Varese, che è sempre molto attivo ed efficiente. Noi arriviamo nelle scuole per presentare le attività e siamo presenti con banchetti o eventi per promuovere la nostra azione. Abbiamo anche i social attraverso cui arriviamo a parlare soprattutto ai più giovani».
Cosa occorre per diventare volontario in ospedale?
«Empatia pazienza e capacità di ascolto. La maggior parte dei nostri assistiti è anziana, con problemi di solitudine. Purtroppo questa emergenza sanitaria ha aggravato ulteriormente questa solitudine in cui si trovano soprattutto loro. Noi siamo chiamati a portare un po’ di leggerezza e solarità. Sono diversi, comunque, i compiti a seconda del reparto: abbiamo volontari anche in PS dove siamo chiamati a dare risposte, spiegare situazioni».
Cristina Birago è in AVO da 16 anni: « Ho iniziato quando mia madre venne ricoverata in seguito a ictus. Rimase due mesi alla Don Gnocchi. Lì ho incontrato per la prima volta i volontari di Avo e ho capito l’importanza della loro azione, non solo su mia madre ma anche per me. Mi aiutavano a sostenere la situazione rendendo più lieve l’esperienza. Così mi sono detta che anche io avrei potuto restituire quanto ricevuto e aiutare chi si trovava in difficoltà».
Oggi, Cristina Birago si occupa dei volontari, li organizza e li sostiene: « È un impegno che riesce a darti anche grandi gratificazioni perché ti rendi conto che fai qualcosa di utile e importante per gli altri».
Oggi il SarCoV2 ha ribaltato la loro attività e il loro modo di portare aiuto: « Appena sarà finito tutto ciò torneremo ad abbracciarci e a stringerci la mano. Non c’è gesto che unisce e conforta di più di un abbraccio».
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